Giochi di mano.

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Testo: Giochi di mano.
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GIOCHI DI MANO

Se pensate siano necessari un’aria fumosa per giocare a carte, o effluvi d’alcol e una bassa lampada calante sul tavolo verde, dimenticatelo.
È sufficiente un piano ricoperto dalla semplice tovaglia, perfino in plastica, chinotto a profusione ma, soprattutto, occorrono quattro giocatori, nonché un buon mazzo di carte, semi nuove, scorrevoli fra le dita senza attrito, quasi percependo i semi e i valori, tutti avviati verso la prossima battaglia.
Sì, perché si tratta proprio di ciò: è la guerra, è lo scontro, è la rabbia, è mistica.
Non c’è incognita governabile.
Le coppie lottano, commentano, sbraitano, si offendono senza ritegno, conseguendo la mera soddisfazione del punteggio, raggiungibile tramite qualsiasi mezzo, addirittura non lecito.
Guardi il socio con quell’aria di prendergli le carte e scaricarle per entrambi.
Assumi posizioni scomode per controllarti, altrimenti esploderesti in sequele d’imprecazioni, smuovendo il vulcano sotto la sedia.
Se stai perdendo.
Se vinci, invece, ti dai una pacca elogiando pure lui, però senza esagerare.
Questa è la scopa scientifica.
Durante una tiepida domenica, il piacere, nonché il tormento, tocca anche me quando, assentatesi le signore e scelto il compagno delle prossime ore, ci accomodiamo nello spazio più tranquillo.
Preferisco appoggiarmi sul gomito sinistro. Ragiono meglio, credo. Fingo indifferenza, ma sento l’impellenza della concentrazione; m’impongo calma e sdrammatizzo chiedendo al compare di rispondere adeguatamente nelle mani, di seguirmi, garantendogli altrettanta collaborazione.
Quindi s’inizia, senza cicalecci in sottofondo come neppure fastidiosi ronzii delle zanzare.
Intorno al luogo di così tanta tensione bighellona un petulante conoscente, noto per l’alterigia e fornito di discreta impertinenza.
Guarda, osserva, commenta, insinuando dubbi sulle capacità degli immanchevoli perdenti.
Ogni giro di carte.
Il molesto non intende che il nostro interloquire sia limitato alla mano appena giocata, poiché la frenesia già ci prende a causa della successiva smazzata.
Stufo dell’esclusione, scientemente, se ne esce chiedendomi:
– Mah, secondo te, qual è la cosa più importante per l’uomo?
Con nove carte tra le mani, cioè: un re, due donne, un fante, il sette bello, un sei, un quattro, due tre, cinque ori in totale e, nota bene, ultimo di mazzo, senza sollevare gli occhi, oltre all’attenzione, dalle prossime mosse, ribattei:
– Giocare.
S’intuiva la sua ansia nel commentare; infine, alzandosi, replicò sgarbato:
– Ecco, dicendo questa stupidaggine, hai affermato una basilare verità.
Otto occhi hanno guardato verso l’alto, nei cieli, ringraziando il dio dei giocatori per avermi suggerito l’unica parola in grado d’allontanare tanto disturbatore.
All’opera dottori, andiamo a sezionare e rassegnatevi: il sette bello sarà mio.

Giochi di mano. testo di natostanco
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